TRENTO – «Una certa dose di protezionismo è probabilmente il prezzo che dovremo pagare per gestire la crisi»: lo ha detto Michael Spence, Nobel dell'economia 2001 (premiato per le sue analisi delle informazioni asimmetriche dei mercati) nell'intervento conclusivo del Festival di Trento nella serata di lunedì 1° giugno. Quando Spence ha finito di parlare, è salito sul palco il presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai che – con voce molto commossa – ha ricordato i tre concittadini scomparsi nella tragedia del volo Air France in Brasile.
Nella sua relazione, Spence ha spiegato al pubblico che occupava ogni ordine di posti del Teatro Sociale di Trento che in questo momento «se si vuole che la gente torni a spendere, non si può pensare che l'Italia aiuti gli Usa e gli Usa l'Italia; ogni governo deve concentrarsi sul proprio territorio, perché strutturare gli incentivi senza avere un'adeguata domanda aggregata non sarebbe efficace». Questo non significa – ha puntualizzato Spence – andare verso una chiusura localistica in micro-comunità, perché così sarebbe difficile incoraggiare la domanda».
Dopo la crisi, Spence si è detto sicuro che non torneremo a uno scenario identico a quello di prima. Ci sarà una "nuova normalità con il settore finanziario sarà più regolamentato, forse persino troppo, il costo del capitale sarà superiore e così i margini di riserva, e complessivamente, per effetto di tutte queste variabili, la stessa crescita sarà un po' minore. Maggiori risorse saranno destinate ai risparmi (quelli delle famiglie negli Usa si erano azzerati) e bisognerà quindi cercare di colmare il deficit della domanda. «Se gli americani devono tirare la cinghia, a spendere potrebbero essere i paesi in via di sviluppo, che in passato hanno risparmiato di più. I cinesi, ad esempio, hanno un'altissima propensione al risparmio».
Qual è lo scenario di medio e lungo periodo sul quale si proietta la crisi? L'economia globale, negli ultimi 30 anni, è cambiata in maniera spettacolare. Trent'anni fa solo il 16% della popolazione viveva in paesi sviluppati, la gran parte dell'umanità in paesi poveri. La crescita spettacolare di Cina e India ha fatto si che oggi il 60% della popolazione mondiale viva in paesi avanzati o ad altissimo tasso di crescita. Verso la metà del secolo – se non subentreranno eventi assolutamente eccezionali – circa due terzi dell'umanità vivrà in contesti "avanzati", per quanto riguarda non solo reddito, ma anche il consumo energetico e quant'altro.«Uno degli effetti di questo cambiamento epocale è che il G-20 sta subentrando al G-7/G-8 nel coordinare lo sviluppo economico mondiale. Questi venti paesi esprimono nel complesso i due terzi della popolazione e il 90% del Pil mondiale. Ai tassi di crescita attuali l'India e la Cina nei prossimi decenni supereranno, insieme, gli Stati Uniti o l'Unione europea, in termini assoluti; successivamente la Cina supererà addirittura quegli stessi competitors da sola».